FaceApp, l’app della vecchiaia protegge la nostra privacy?

L’allarme di Codacons: “Questo apparentemente innocuo tormentone estivo rischia di nascondere un traffico, potenzialmente pericoloso, di dati sensibili”.

Il grande scrittore statunitense Philip Roth sosteneva che “la vecchiaia, più che una battaglia, è un massacro”. Una frase per certi versi condivisibile, ma forse non per tutti.

Almeno non per il popolo del web e dei social (circa 80 milioni di persone) che negli ultimi giorni è stato letteralmente trascinato, come un gregge di pecore che segue fedelmente il suo pastore, a seguire la nuova App, denominata FaceApp.

Ma vediamo, per quei quattro o cinque marziani sparsi nel mondo che sono ancora all’oscuro di questa nuova applicazione, di cosa si tratta e perché il concetto di Roth (che poi non è solo il suo) andava e andrebbe seguito con maggiore attenzione.

Partiamo dal principio: FaceApp è una applicazione che può essere utilizzata da chiunque e con una facilità disarmante. Dopo averla scaricata (gratis) dal PlayStore di Google oppure dall’Apple Store, basta inserirvi sopra una propria foto per vederla modificata immediatamente e sulla base del filtro selezionato, in un volto da anziano. Magari anche buffo e simpatico, ma con un’età virtuale superiore di almeno 30 anni rispetto alla foto data in pasto al simpatico giochino.

Fino a qui, più o meno niente di male. La cosa, infatti, ha trovato nel pubblico dei social – ma non solo in quello – un riscontro elevatissimo e per certi versi sconvolgente. Chiunque, anche utenti dal profilo apparentemente più professionale e serioso, non hanno resistito di fronte alla possibilità di vedere come sarà in linea di massima il loro volto quando i migliori anni della vita saranno già un lontano ricordo.

Il tranello, però, è sempre dietro l’angolo e FaceApp non ha fatto eccezione. Infatti, le foto che gli utenti hanno “donato” alla simpatica applicazione, stanno viaggiando su numerosi server che si trovano all’estero. Server i cui dati “potranno essere archiviati e lavorati negli Stati Uniti – dove FaceApp dichiara di avere sede – o in qualsiasi altro paese in cui FaceApp, i suoi affiliati o i fornitori del servizio hanno le infrastrutture”, si legge nella policy per il trattamento dei dati sensibili ferma al 2017. Peccato che l’entrata in vigore del Gdpr (il nuovo Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali) sia stato attivato dopo quella data.

Da chi è prodotta l’App che sta facendo invecchiare in anticipo il mondo?

Dietro FaceApp c’è la Wireless Lab OOO, società di San Pietroburgo fondata da Yaroslav Goncharov. Quest’ultimo non fornisce informazioni sull’uso dei dati raccolti, un motivo in più per pensare che le immagini fornite all’applicazione siano finite in possesso delle reti neurali che servono ad addestrare l’intelligenza artificiale al riconoscimento facciale. Tutto questo viene fatto sopratutto a scopi commerciali.

Ma a chi è realmente preoccupato?

Sarà colpa dell’estate, ma molti utenti se ne fregano altamente. Altri, invece, come ad esempio le associazioni dei consumatori Altroconsumo e Codacons, hanno già attivato una serie di interventi, rivolgendosi soprattutto all’Autorità garante. “Questo apparentemente innocuo tormentone estivo – ha dichiarato il Codacons – rischia di nascondere un traffico, potenzialmente pericoloso, di dati sensibili”.

Insomma, più che una battaglia, siamo davvero al massacro.

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