Non si può violare la privacy dei lavoratori con le telecamere

A dirlo è l’Art. 4 dello Statuto dei Lavoratori. Il rischio è quello di incorrere in sanzioni molto pesanti

Lavorare senza stress e ansia? Si può. Almeno sotto certi punti di vista.

A sancirlo è l’Art. 4 dello Statuto dei Lavoratori sui cosiddetti “controlli a distanza”.

Ma di cosa si tratta nello specifico?

A un datore di lavoro è vietato controllare l’attività dei propri dipendenti attraverso l’installazione di un servizio di videosorveglianza. Le telecamere possono infatti essere impiegate “esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale”.

Che in parole povere significa che la sorveglianza può essere effettuata soltanto per evitare furti o danni ai prodotti dell’azienda. Anche in questo caso, però, sono previste delle limitazioni: per installare le telecamere, il titolare di una impresa ha l’obbligo di raggiungere un accordo con le parti sindacali o ottenere l’autorizzazione dall’Ispettorato del Lavoro.

Una decisione, questa, che già in passato ha trovato il consenso del Garante della Privacy che, tra le altre cose, ha stabilito che il datore di lavoro può conservare le immagini registrate per un minimo di 24 ore fino a 72 ore, dopodiché devono essere cancellate. Inoltre, il datore di lavoro è tenuto a definire chi sono i soggetti abilitati alla visione e alla gestione delle immagini e a comunicarlo ai propri dipendenti.

Se tali provvedimenti dovessero venire meno, sono previste pesanti sanzioni per la mancata osservanza della normativa vigente sulla privacy.  Si può andare da 154 euro a 1.549 euro. Ma si rischia anche l’arresto da 15 giorni a un anno. Per il mancato rispetto delle disposizioni in materia di videosorveglianza (lo dice anche il Gdpr – il nuovo Regolamento europeo sulla protezione dei dati) è prevista una sanzione amministrativa che va da 30.000 euro a 180.000 euro.

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