Questura non rettifica i dati, multa da 50 mila euro al Ministero dell’Interno

La decisione è stata presa dal Garante per la privacy dopo il reclamo di una donna

Anche il Ministero dell’Interno può finire sotto la lente d’ingrandimento del Garante per la privacy con tanto di sanzione.

Il tutto è nato dalla mancata rettifica, da parte di una questura, del contenuto di un provvedimento rivolto a una donna, la quale, nonostante le continue richieste di correzione, ha visto esaudita la sua istanza soltanto dopo l’intervento dell’Autorità garante.

Disattese le richieste della reclamante

La particolarità della vicenda riguarda il comportamento della questura che, pur riconoscendo l’imprecisione dei dati forniti ai vari uffici competenti almeno dal giugno 2019 (data in cui è stata richiesta la rettifica dalla reclamante), non ha ritenuto opportuno intervenire, considerando sufficiente la correzione delle informazioni inserite nel Ced del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Dopo una lunga e snervante attesa, la donna ha deciso di rivolgersi al Garante per la privacy.

Dati rettificati solo nel Ced del Viminale

Il Garante per la privacy ha evidenziato come la presenza dei dati corretti nel Ced del Viminale, non bastasse a risolvere la questione. Compito della Questura, infatti, sarebbe dovuto essere quello di rettificare i dati inviati a tutti gli uffici interessati che, in questo modo, hanno mantenuto nei loro archivi per un lungo periodo di tempo delle informazioni inesatte. Soltanto dopo l’avvio del procedimento da parte dell’Autorità (un anno dopo la richiesta di rettifica della donna), la questura ha inviato a tutti i destinatari della prima comunicazione una nota di rettifica dei dati.

Le ragioni della sanzione al Ministero dell’Interno

Per il Garante, la questura, pur sapendo di essere in errore, non è intervenuta. Tutto ciò configura un trattamento illegittimo per violazione del diritto alla tempestiva rettifica dei dati personali errati senza giustificato motivo. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla questura, la condotta omissiva ha leso i diritti della reclamante all’esattezza dei propri dati personali ed alla loro immediata correzione in caso di inesattezza. A subire la sanzione (di 50mila euro) è stato il Ministero dell’Interno, in quanto titolare del trattamento. Nell’emettere il provvedimento, si è tenuto conto della collaborazione fornita in un secondo momento dalla questura.

FONTE: garanteprivacy.it

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